Istantanea Pier Vittorio Buffa

Inculcare

Inculcare. Dal latino inculcare, composto da in- "dentro" e calcare "calcare". Imprimere nella mente o nell'animo di qualcuno sentimenti, idee, convinzioni e simile, con opera di insistente persuasione (Tullio De Mauro, Grande Dizionario italiano dell'uso).

E' il verbo usato dal presidente del Consiglio italiano parlando dell'educazione, di "insegnanti che vogliono inculcare dei principi che sono il contrario di quelli che i genitori vogliono inculcare ai loro figli".

E' un verbo che, un po' come la canzone di Vecchioni, divide.

Io non l'ho mai usato. E, come me, milioni di persone. Sa di forza, di imposizione. Di cultura che si trasmette senza discussione e confronto e, quindi , di non-cultura. Ai propri figli e ai propri studenti non bisognerebbe inculcare proprio nulla. A loro andrebbe trasmessa conoscenza, insegnato il confronto delle idee, dato l'esempio di vite rispettose delle altre vite.

Una persona a me molto cara, in queste settimane, ha rivisto, dopo quarant'anni e in un paio di occasioni, i compagni del liceo. Tutti si ricordavano soprattutto di un professore di storia e filosofia. Alla mia domanda due di loro mi hanno risposto: "Di storia non ricordo nulla, e nemmeno di filosofia. Ma ricordo tutti i ragionamenti fatti con lui. Ecco, ci ha insegnato a ragionare".

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Divisi da Vecchioni

Quella di Roberto Vecchioni non è una canzone di sinistra e lo stesso cantante avrebbe detto al Pd, come riferisce il Giornale, "questo non è il vostro inno".

Ma è una canzone bella, che regala un po' di serenità, quella serenità che riempie quando si sa sognare e immaginare un domani migliore.

E quindi è una canzone che divide. Non la destra dalla sinistra che, per come le abbiamo conosciute, non esistono più.

Ma chi, ascoltandola, ha ricevuto un po' di serenità da chi non è stato capace. E non è poco.

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Ha ragione Cicchitto

fabrizio cicchitto
Ha ragione Fabrizio Cicchitto quando sostiene che "non e' la piazza far dimettere i governi". Più che un'affermazione il suo sembra un augurio che una cosa del genere non accada nel nostro paese. Per questo il capogruppo del Pdl alla Camera ha ragione. E il suo augurio e' di quelli da sottoscrivere.
Ma i governi che non ascoltano la piazza sono destinati a vita breve o infelice. Soprattutto quando la piazza, anzi, le piazze sono come quelle di ieri.

Chiudersi in una stanza

In un commento al post "Poker" Anonimo Abruzzese sostiene che "Quando non c’è una vera opposizione, un paese è in nettà difficoltà. E nei fatti! Il problema dell’Italia non è Berlusconi, ma come battere Berlusconi". E critica poi la mancanza di idee e proposte della sinistra.
Difficile dargli torto. La sinistra non ha ancora trovato una strategia, una parola d'ordine chiara e univoca. Non trasmette quel senso di unita' e forza indispensabile per vincere una competizione elettorale contro un avversario così potente malgrado tutto.
Cosa dovrebbe fare allora la sinistra? E' una domanda alla quale chiunque voglia la sconfitta di Berlusconi penso debba cercare di rispondere.
Io provo a raccontare il mio sogno. I vari leader, da Vendola a Bersani, dovrebbero chiudersi in una stanza, individuare i temi cruciali (lavoro, immigrazione, scuola...), fissare una posizione comune ed esprimerla concretamente, in modo chiaro e unitario, ogni volta che serve. Iniziando dalle questioni cruciali. Sulla Fiat, ad esempio, una sinistra che vuole essere di governo avrebbe dovuto dire la sua in modo chiaro e univoco. Non mi pare sia successo. Come non mi pare che al federalismo nordista della Lega nelle città del Nord si sia risposto con una proposta alternativa chiara ed efficace. E questo solo per fare due esempi.

Poker

Un pezzo d'Italia sta per scendere in piazza a chiedere le dimissioni del presidente del Consiglio.

La fiducia al governo in carica è appesa alla presenza di un pugno di deputati.

E cosa succede a palazzo Chigi? Ci si prepara a discutere e probabilmente a varare, il prossimo venerdì, un disegno di legge costituzionale per modificare l'articolo 41 della Carta.

Tanto per rinfrescarsi la memoria ricordiamoci che la Costituzione si cambia con un doppio passaggio alle Camere distanziato di almeno tre mesi e che se la legge non passa con i due terzi dei voti si può andare al referendum confermativo.

Non serve essere fini politologi per capire che questo governo non ha con sé, per il momento, i due terzi del parlamento, che ha  qualche problema con la maggioranza assoluta e anche con la propria prospettiva di vita. Per non parlare poi dei tempi di un eventuale, e molto probabile, referendum confermativo.

La mossa, abile e tempestiva, si configura quindi come quello che a poker si chiama bluff, un rilancio robusto per ingannare l'avversario.

E i bravi giocatori, il presidente del Consiglio lo è senz'altro, sanno vincere anche senza carte in mano. Il problema è che quella che si sta giocando non è una partita a poker.

Internet e patatine

BRUXELLES

L'hanno chiamata la manifestazione della vergogna (shame) o anche la "marcia delle patatine fritte", uno dei piatti nazionali del Belgio. Decine di migliaia di persone in piazza, pacificamente, per chiedere un governo che non c'è da 225 giorni, per richiamare i politici ai loro doveri.

Sono due i motivi per cui dedico l'istantanea di oggi alla domenica di Bruxelles.

Il primo è per il senso di serenità che mi hanno trasmesso le immagini della manifestazione. Fiamminghi e valloni, gente normale, famiglie. Tutti che sfilano compostamente (e uniti) dietro la loro bandiera lanciando un segnale forte, che probabilmente influirà non poco sulle estenuanti trattative politiche.

Il secondo è per come Shame è stata organizzata. Tre studenti, due impiegati e un uso sapiente di internet. Come è già successo altrove e come succederà sempre più spesso. Senza intermediazioni, senza sovrastrutture. Solo voglia di vivere bene, cervello, coraggio e una tastiera.

DOCUMENTAZIONE: La pagina SHAME | L'evento su Facebook | Twitter

Senza parole

Non riesco a trovare le parole.
Di fronte a quello che sta accadendo intorno al cosidetto "scandalo Ruby" di cosa vogliamo parlare?
Di politica? Di destra e sinistra? Di futuro del paese?
Non scherziamo.
L'unica parola possibile, oggi, è un "basta": che Silvio Berlusconi lasci palazzo Chigi per il bene del paese che dice di amare.
A quel punto, solo a quel punto, si potrà ricominciare a discutere del nostro futuro.

E' morto l'ultimo alfiere

bandieraHo saputo con grande ritardo della morte di Edmondo Brunellini. Lo avevo conosciuto, avevo raccolto la sua testimonianza e di lui avevo parlato qualche anno fa in un post intitolato L'ultimo alfiere. Voglio parlare ancora di lui. Per ricordarlo e perché la sua storia, così carica di simboli, possa suggerire a ciascuno di noi il modo giusto di affrontare questo anno difficile durante il quale, tra l'altro, si celebra l'unita del nostro paese.

Un regalo di carta

Sotto l'albero ho trovato un pacchetto con dentro una specie di ciotola fatta con carta di giornale pressata. E' il lavoro di un'artigiana romana che usa, appunto, carta di giornale per costruire i suoi oggetti.

Regalo simbolicamente questa ciotola a tutti gli amici del blog perché la carta di giornale non è una carta come tutte le altre. Soprattutto quella con cui è fatta la ciotola in questione, che è carta di giornali italiani quindi di giornali liberi.

E creare un blog, postarci i propri pensieri, stimolare riflessioni su quello che ci accade intorno, accogliere quelle di chi vuole confrontarsi con te anche se la pensa in modo diverso, è fare, al giorno d'oggi, un minuscolo giornale che solo qualche anno fa era impensabile costruire. E' un piccolo-grande esercizio di libertà di cui dobbiamo andare fieri e che dobbiamo difendere contro tutto e tutti.

Ecco, che noi si possa sempre vivere in libertà è il mio augurio per questo Natale 2010 e per l'anno che sta per iniziare. Un augurio banale, mi viene da dire, ma ogni tanto è bene scambiarselo. E' un po' come dire ti amo alla persona a cui vuoi bene da una vita. Ovvio, ma ogni tanto è bene dirselo, altrimenti lo stesso amore rischia di svanire.

Auguri a tutti

Lo schiaffo di Napolitano

MI310710INT_0005Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha detto: la protesta di tanti cittadini è "spia di un malessere che le democrazie non possono ingorare".
Il capo dello Stato non risponde certo a quello che dice un qualsiasi capogruppo. Ma sicuramente questa frase, così importante e responsabile, è un sonoro schiaffo in faccia a Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato, che in queste ore va parlando di assassini nei cortei e della necessità di arresti preventivi.
E un invito, perentorio, a occuparsi di quello che muove davvero le proteste di queste settimane. Una cosa semplice e naturale, quasi ovvia.
Ecco, è questo il problema. Quando le cose ovvie diventano quasi rivoluzionarie c'è da preoccuparsi, e non poco.

Un ministro non deve


Sin dalle prime lezioni di educazione civica delle medie si insegnava che la separazione rigida e rispettosa tra i poteri dello Stato (esecutivo, legislativo e giudiziario) è la base di una sana democrazia.

E' una separazione rispettata in momenti drammatici della vita del nostro paese. Rispettata con sofferenza ma con grande rigore (penso, per esempio, a certe trattative con le Brigate Rosse o alla dignità di Giulio Andreotti nelle aule in cui veniva processato).

Per cui lascia l'amaro in bocca ascoltare un ministro dell'Interno che critica in Parlamento l'operato della magistratura.

Non entro nel merito della questione (giusta o no la scarcerazione). Affermo solo, con grande forza e senza nessun se in mezzo, che un ministro della Repubblica nell'esercizio delle proprie funzioni non deve commentare una decisione della magistratura. In nessun caso. Non deve. Ne va della stabilità di una democrazia.

E' la legge, solo la legge, a indicare all'esecutivo cosa fare se ritiene che un magistrato sia venuto meno ai suoi doveri. Punto

Ritorno al passato


Un richiesta di tornare al passato che non può non piacere. E' la campagna di Sky per invitare i leader politici, a cominciare da Berlusconi, al confronto diretto, a faccia a faccia durante i quali affrontare i problemi reali del paese.

Il sintomo è di quelli gravi. Che una televisione sia costretta a lanciare un appello per ottenere una cosa che, in un paese democratico, dovrebbe essere normale dovrebbe preoccupare. E non poco.

Certo un Berlusconi-Bersani in diretta tv non risolverebbe la qualità della nostra vita politica, né i problemi del paese. Ma potrebbe attenuare la nausea che prende alla gola seguendo quello che sta accadendo nei palazzi del potere.

Per questo penso sia giusto aggiungere la voce di ciascuno di noi a quella di Sky. Che dovrebbe essere, ma per il momento non è, anche quella della Rai e di Mediaset.

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Sangue e divieti

013b266bDue cose mi hanno colpito durante le ore in cui si è votata la mozione di sfiducia al governo Berlusconi.

La prima è questa foto scattata intorno ai luoghi simbolo del potere, palazzo Madama e Montecitorio, difesi come non si vedeva da anni. Una visione plastica, e drammatica, del divario che separa ogni giorno di più il paese reale da chi governa.

La seconda è una voce fuori campo udita mentre in aula deputati della destra davano vita a una vera e propria rissa durante la seduta pubblica. La voce fuori campo ha intimato all'operatore di Sky di chiudere e andarsene, di smettere di riprendere. E qua, davvero, non serve nessun commento. Oppure è necessario dire che quello che fanno deputati eletti in una seduta pubblica non può essere nascosto ai cittadini?

PS. Integrazione a tarda sera. Quello che è successo a Roma dopo il voto non ha nulla a che fare né con il paese reale (che aveva fatto sentire pacificamente la sua voce durante la mattinata, a Roma e in tutta Italia), né con normali manifestazioni per quanto vivaci possano essere. E' guerriglia. Resterebbe da capire perché, sapendo che i black bloc erano in marcia verso il cuore della capitale, nessuno li abbia fermati per tempo. Ma ragionando su questo ci si infilerebbe, per il momento, solo nella dietrologia.

Un calendario per il futuro

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La prossima settimana la Città di Salerno, quotidiano del nostro gruppo, dell'Espresso, distribuisce un calendario in ricordo di Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica ucciso dalla camorra. Costerà quattro euro e l'intero ricavato sarà versato a Legambiente.

Un calendario non fa certo catturare gli assassini, non sconfigge la camorra. Ma aiuta a non perdere la memoria. E una comunità che non perde la memoria è una comunità che ha una speranza, un futuro.

Se vince un nero

Niente soldi alla maratona perché vincono sempre i neri. La proposta di un consigliere leghista di Padova è di quelle che viene dal fondo dell'anima. Perché è difficile, se non si provano certi sentimenti, fare affermazioni da brividi come questa.

Quindi se Pietro Giovannoni crede davvero a quello che ha detto dia un senso compiuto alla sua esternazione. Proponga  una nuova figura di contributo pubblico, il "finanziamento condizionato". Soldi alla maratona ma solo se vince un bianco.

Chissà cosa ne penserebbe Sant'Antonio da Padova, a cui la maratona in questione è dedicata.