I dati sui voli di Stato divulgati da Repubblica suggeriscono qualche riflessione.
E' ovvio che abusare della propria carica pubblica per avere benefici personali sia una pratica da condannare e perseguire. E lì, in quei dati, di abusi probabilmente ce ne sono. Come è anche probabile, se si vanno ad analizzare le scelte fatte in merito alla flotta di aerei, che ci sia una non efficiente gestione della cosa pubblica.
Ma è il passaggio logico successivo che non funziona. Se, mettiamo, Alfano ha abusato dell'aereo di Stato per tornare a casa sua, questo non deve diventare un pretesto per fare, come si dice, di ogni erba un fascio, e puntare il dito contro chiunque salga su un aereo di Stato. Altrimenti si diventa soggetti passivi di quella egemonia culturale dei Cinque Stelle di cui ha parlato acutamente sul Corriere Angelo Panebianco.
Facciamo qualche esempio nel dettaglio. Il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha preso l'aereo per andare, tra l'altro, a Kuwait City, a Bagdad, a Muscat, a Mosul, a La Valletta... Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan è andato a Francoforte, Bruxelles, Parigi, Bratislava... il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, già ministro degli Esteri, ha girato mezza Europa, è andato in Africa, in Nord America, in Medio Oriente, a Tblisi, Baku, Erevan... per un totale di 54 voli. Tutte destinazioni che non possono non essere collegate a precise funzioni istituzionali (e lasciamo stare la questione sicurezza).
Sostenere, quindi, che gran parte dei voli fatti dai membri del governo italiano con i soldi degli italiani sono voli legittimi dovrebbe essere la cosa più naturale di questo mondo. Perché non vuol dire coprire gli abusi, ma distinguere con precisione tra abuso e uso legittimo. Invece, oggi, se si sostiene una cosa del genere, si rischia di essere additati come difensori della casta, dei privilegi dei politici, dei ladri.
Un rischio che corro volentieri perché sono convinto che non ci si debba mai adattare alle egemonie culturali e che ci si debba sforzare di pensare, sempre, con la propria testa.