C’erano i soldati con la croce uncinata, SS e non SS, che uccidevano uomini, donne e bambini inermi. Per seminare terrore, per creare il vuoto intorno a sé. Accanto a loro i soldati della Repubblica sociale, che guidavano per le valli e uccidevano con la mascherina in volto per non farsi riconoscere dai compaesani.
Parlare di “entrambi le parti” per creare una memoria condivisa equivale a mettere sullo stesso piano le guardie di un campo di concentramento e i prigionieri che venivano sterminati nelle camere a gas.
La storia non si può adattare a proprio piacimento. E chiamare le cose con il proprio nome serve a non perdere la memoria, a ricordarsi che l’uomo è capace di commettere nefandezze, che la perdita della ragione è sempre dietro l’angolo.
A Vicenza non ci fu una battaglia tra truppe regolari con perdite da “entrambe le parti” ma una rappresaglia a freddo contro 10 detenuti dopo un attentato partigiano che non provocò morti (così L’Atlante delle stragi nazifasciste).
Grazie al Giornale di Vicenza per aver dato la notizia e a Gian Antonio Stella per averne parlato sul Corriere della sera.