Sono personalmente convinto che una sorta di finanziamento pubblico della politica sia essenziale al buon funzionamento di una democrazia. Altrimenti, come abbiamo letto tante volte in questi giorni, avremmo solo una politica fatta da chi ha adeguate risorse finanziarie, dai ricchi.
Però capisco e rispetto tantissimo, soprattutto dopo i disastri di questi ultimi anni, l’opinione opposta, quella che si esprime in un rifiuto-rigetto di qualsivoglia sostegno pubblico a chi fa politica.
Perché non cercare allora una terza via?
Provo ad abbozzarla in una proposta che non posso che definire modesta, molto modesta.
Stabiliamo una soglia minima, tipo i 2500 euro di cui parlano in questi giorni i parlamentari M5S, per consentire agli eletti di vivere dignitosamente. Forniamo ai gruppi parlamentari personale pagato direttamente dalla Camere (come accade a Strasburgo). E tagliamo tutto il resto, rimborsi elettorali compresi.
Calcoliamo quanti soldi si risparmiano e ridiamoli ai contribuenti sotto forma di detrazione fiscale.
Si dovrà poi organizzare un sistema tipo l’ 8 per mille o il 5 per mille per consentire a ciascuno di noi, se lo vuole, di finanziare un partito o l’insieme dei partiti. In modo semplice e diretto, anche solo con una crocetta sulla denuncia dei redditi.
E si dovrà organizzare, per garantire la trasparenza sull’utilizzo di questi fondi, un sistema di regole molto rigido che tutti potrebbero avere interesse a rispettare per ottenere la fiducia dei cittadini e quindi maggiori finanziamenti.
E’ una strada in parte già tracciata con una legge dell’anno scorso che alzava le detrazioni per contributi a partiti, onlus, associazioni.
Si tratterebbe di renderla più netta. Molto, ma molto più netta.