#TwitterisblockedinTurkey

Bisogna soffermarsi anche solo un minuto a riflettere su quello che sta accadendo dopo la decisione di Erdogan  di “bloccare” twitter in Turchia.

Cliccate qua. Anche chi non ha un account twitter e non frequenta il social network può rendersi conto della marea di proteste che si stanno rovesciando da tutto il mondo sul governo turco. Ma oltre che di proteste la rete si è riempita di istruzioni tecniche su come aggirare il blocco. Il risultato è stato un significativo aumento del traffico di tweet dalla Turchia.

Può piacere o meno l’uso di twitter. Lo si può considerare un modo nevrotico di vivere la vita. Ma è diventato un linguaggio planetario, un alfabeto morse che tutti conoscono, al quale tutti possono accedere e che vaga per l’atmosfera senza che nessuno lo possa fermare. Se qualcuno spegnesse i server che tengono in vita il microblogging altri se ne accenderebbero. E così via in una sorta di moto perpetuo che risponde a un bisogno primario.

Quello di comunicare, di esprimere il proprio pensiero, di essere informati. E questo vince su tutto, è una forza inarrestabile, da sempre.

Quella frase di Erdogan, “Sradicheremo twitter” è molto più che patetica. E’ un drammatico sintomo di ignoranza.

 

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