Stragi naziste, Armadio della vergogna, muro del silenzio… Se ne discute a Roma al teatro de’ Servi e può venir voglia di chiedersi che senso abbia, quasi settant’anni dopo quelle terribili giornate, riunirsi per questo in un teatro.
I termini della questione sono molto semplici e crudi. Dall’8 settembre 1943 alla fine della guerra si calcola che tra i 20 e i 3o mila italiani, tra militari e civili, siano stati uccisi, non in combattimento, da militari tedeschi . Sono le stragi con le quali sono stati annientati interi reparti che si erano rifiutati di consegnarsi. Sono le stragi di donne, bambini, anziani. Se ne contano 2273, di stragi. E per le stragi sono state eseguite le condanne contro appena un pugno di ufficiali nazisti. Gente come Walter Reder, Herbert Kappler, Erich Priebke… E tutti gli altri? Ignoti? Sfuggiti alla giustizia grazie a misteriose vicende di guerra?
No. Sono stati identificati, denunciati, mandati a processo, i processi per un bel po’ sono stati congelati (o, meglio, chiusi nel cosidetto Armadio della vergogna), poi sono stati riaperti, istruiti, andati a sentenza. E le sentenze sono diventate definitive. Ventuno condanne all’ergastolo per strage contro altrettanti militari tedeschi.
Adesso ne sono rimasti in vita sedici e nessuno, ma proprio nessuno si preoccupa di rendere esecutive quelle sentenze. Lo ha denunciato il procuratore militare con chiarezza: “Allo stato non si hanno notizie in ordine a quale seguito sia stato dato a dette richieste da parte della competente autorità governativa italiana”.
In altre parole: i tribunali hanno condannato, il governo non fa nulla per far eseguire le condanne, nemmeno un passo formale.
E ci si torna a chiedere: ma cosa si vuole? che si vada ad arrestare ultranovantenni a un passo dalla morte?
Si, se io fossi uno di quei bambini che ha visto uccidere la propria madre, lo vorrei. E lo vorrei anche se fossi uno che ha sentito raccontare come i propri parenti o gli amici dei propri genitori sono stati massacrati. E lo vorrei, infine, anche se fossi soltanto, come sono, un semplice cittadino europeo.
Vorrei che un signore in divisa bussasse a ciascuna di quelle sedici case per consegnare un foglio con su scritto che quell’uomo è colpevole e che per questo deve restare chiuso in casa per quel che gli resta da vivere.
Vendetta? No. Solo giustizia.