Il 21 novembre è un anniversario importante. Settant’anni fa una compagnia della Prima Divisione paracadutisti della Wehrmacht, verosimilmente comandata dal capitano Georg Schulze, trucidava 128 cittadini di
Pietransieri, un paesino dell’aquilano.
Sono passati poco più di due mesi dall’8 settembre, lo
sbarco di Anzio non c’è ancora stato, la
battaglia di Montecassino deve ancora iniziare e i tedeschi stanno rafforzando la
linea Gustav per resistere all’avanzata alleata lungo lo stivale.
Pietransieri si trova proprio dietro questa linea e questa è la sua sciagura. La linea del fronte deve essere libera e i paracadutisti, per liberare le campagne, non fanno sfollare, uccidono.
Quei giorni me li ha raccontati, l’anno scorso, una donna scampata all’eccidio, Virginia Macerelli (
nella foto). Ne è scampata restando immobile sotto il corpo della mamma morta. Un incontro particolare ed emozionante quello con Virginia e suo marito. E’ poi diventato un capitolo del mio libro
Io ho visto e Virginia, quest’anno, ha parlato direttamente con papa Francesco e, il 4 novembre, è stata
ricevuta al Quirinale dal presidente Giorgio Napolitano. Di lei e della sua storia si sono occupati libri, giornali e siti. Questa mattina è stato
Francesco Lo Piccolo sull’Huffington Post a dedicarle un lungo post.
Quello di Pietransieri è uno dei primi atti di quella lunga e sanguinosa guerra di cui poco si parla e di cui pochi hanno un’idea precisa. Gli storici l’hanno definita la guerra contro i civili, la terza guerra combattuta dai tedeschi in Italia accanto a quelle contro le truppe alleate e le formazioni partigiane. Dal 1943 all’aprile 1945.
Una guerra condotta in violazione di tutte le regole, uccidendo donne, vecchi, bambini. Per fare terra bruciata, per togliere l’appoggio delle popolazioni ai partigiani, per terrorizzare, per scoraggiare qualunque forme di resistenza.
I morti di questa guerra furono 15 mila, forse 20 mila, nessuno li ha mai potuti contare con una certa esattezza.
Sono i morti di una “resistenza della quotidianità”, come molti cominciano a definirla, combattuta da milioni di italiani. La resistenza di chi è rimasto al proprio posto a coltivare i campi, ad accudire vecchi e bambini, a dar da mangiare e dormire a chi combatteva in montagna. La resistenza di chi ha visto morire i propri cari accanto a sé e non ha tradito. Una resistenza combattuta senza armi ma con uno straordinario e silenzioso coraggio.
L’altro giorno, a Varese,
Daniele Biacchessi ha detto a un migliaio di studenti raccolti in un teatro per sentir raccontare di quei tempi che è su queste vicende che si fonda la nostra costituzione, che queste storie “sono” la nostra costituzione.
Per questo, ha detto, vanno conosciute e ricordate, sempre.
Per questo, dico, dobbiamo parlarne, non dimenticare chi ha combattuto in silenzio quella terza guerra, non dimenticare la “resistenza della quotidianità”.
Per questo dobbiamo amare tutte le Virginie d’Italia.