Il commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica, Carlo Cottarelli, è stato esplicito e, non per colpa sua, ovvio. Ascoltato dalla commissione tributaria della Camera dei deputati ha detto quello che si sa da sempre: i Comuni italiani sono troppi e vanno accorpati, fusi.
Nel nostro paese ce ne sono ancora con 30-40-60 abitanti, e con tanto di sindaco e assessori. In molte realtà già si stanno percorrendo, più che altro spinti da problemi di bilancio, strade di collaborazione e integrazione. Altrove si resta arroccati nel proprio particolare. Cottarelli indica un percorso sano: creare un meccanismo di incentivi per favorire la fusione di Comuni e dare quindi vita a entità più efficienti ed economiche.
Cosa si aspetta a passare a fatti concreti? A definire cioè un quadro preciso che spinga, direi quasi costringa, le amministrazioni dei Comuni più piccoli ad avviare rapidamente i processi di fusione? Non se ne avrebbero solo risparmi, ma , rispettando l’identità delle singole comunità, anche una maggiore efficienza amministrativa. E i piccoli Comuni non sparirebbero ma, quasi paradossalmente, crescerebbero.