Pavia, gli studenti diventano protagonisti

La giornata pavese di Io ho visto, il 14 aprile, ha avuto un epilogo diverso dal solito. Dopo la mattinata passata alla scuola Volta e il pomeriggio alla libreria Clu, sempre con le letture di Beppe Soggetti e la moderazione del direttore della Provincia Pavese Pierangela Fiorani, il giornale della città ha dedicato una pagina molto particolare a Io ho visto.  

Provincia Pavese

Gli studenti hanno commentato il libro, le storie che vi sono raccontate e si sono anche rivolti direttamente, tramite il giornale, ai testimoni che hanno avuto la forza di raccontare le loro storie. La pagina è stata curata dalla giornalista Marianna Bruschi, che racconta così questa esperienza.
Nei ragazzi e nella forza delle loro reazioni bisogna credere. L’aula magna dell’istituto Volta di Pavia porta più tracce del suo liceo artistico che dell’indirizzo geometri. Così dietro al tavolo dei relatori si vedono sui cavalletti le tele degli studenti. La platea questa volta però di arte non ne sa nulla. Prime e seconde geometri siedono davanti a Pier Vittorio Buffa, davanti alle immagini che si ripetono una dietro l’altra sullo schermo: sono i 33 volti di Io ho visto, sono quei 33 visi segnati dal tempo. Sono quelli che potrebbero essere i nonni di questi ragazzi, nonni che raccontano una storia, la loro storia, tracce di vite distrutte, tracce di vite scampate alla morte. La loro. I ragazzi faticano a stare seduti, anche quando sentono storie di dolore. Faticano perché non è facile ascoltare, non subito, ci vuole tempo. Le parole però restano. Lo so. È la forza delle loro reazioni, quella in cui bisogna credere. Mi avvicino sempre con discrezione. Ascoltare è un conto, chiedere di spiegare agli altri cosa si prova è un altro. Al Volta di Pavia però sono abituati al mio lavoro di cronista, e in particolare di cronista che si occupa di scuola. Ogni lunedì sul quotidiano la Provincia Pavese esce una pagina che abbiamo chiamato «La Provincia dei Ragazzi». La scrivono loro, niente adulti tra le righe di questa pagina. Certo, spesso si scorge lo zampino degli insegnanti che correggono qualche strafalcione. Ma io a loro lo dico sempre: «Preferisco ricevere un pezzo un po’ sgrammaticato ma scritto dagli studenti». Mi avvicino con discrezione ma anche con severità. Scriveranno su un giornale, che ha tempi diversi dalle consegne scolastiche. L’insegnante, Anna Zucchi, mi ascolta. Le chiedo di far scrivere ai suoi ragazzi un pezzo per raccontare l’incontro con il giornalista Pier Vittorio Buffa. La pagina sarà dedicata interamente a questo, quindi servirà un pezzo principale in cui spiegare l’evento, il libro, le emozioni dei ragazzi. Questo si può fare, mi risponde. A metà settimana la classe scriverà un tema su questa esperienza. Provo a fare un passo in più. Mi piacerebbe, le dico, che i ragazzi scegliessero tre volti dal libro. Tre volti, tre nomi, tre storie. Quelle da cui sono rimasti più colpiti. E chiedo che siano le rughe sulla pelle dei sopravvissuti a ispirare i loro pensieri. Anche questo si può fare, mi risponde. Il materiale che ho ricevuto è molto di più di tutto questo. Ogni studente ha scritto un tema, ma perché sceglierne uno solo? Una frase da ciascuno aiuta a raccontare il puzzle di emozioni. L’incipit è quello più completo, che descrive per tutti il contesto. Seguono poi estratti dagli scritti della classe, riflessioni, pareri, idee. Nel leggere le firme si ha idea della varietà di storie, volti e provenienze che popolano questa classe al primo anno delle superiori. Gli scritti che mi hanno colpito di più sono quelli ispirati ai volti di Aldo, Adriana e Armando. I ragazzi si sono rivolti direttamente a loro, chiedono come sia possibile il perdono, chiedono un incontro, raccontano di quando era il loro nonno a trasformarsi in un fiume di ricordi. I ragazzi chiedono di ascoltare i ricordi degli altri. «Noi giovani ne abbiamo bisogno», scrivono. E’ il grazie degli studenti ai sopravvissuti che deve farci svegliare, le parole di Andy che dice «tutti potremo così capire che fortuna abbiamo a vivere in un mondo in pace». Ecco perché nei ragazzi e nella forza delle loro reazioni bisogna credere.
 
Grazie agli studenti del Volta.
E grazie a Marianna Bruschi che ha stimolato e curato un lavoro così particolare.
 
 
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