Condivido entrambi gli stati d'animo che questi due momenti suggeriscono.
Il profondo rispetto per chi ha dato la propria vita e per le sofferenze di quegli anni.
Il giudizio politico profondamente negativo sulla guerra come mezzo per risolvere le questioni tra Stati.
Proprio per questo voglio oggi proporre una breve lettura tratta da uno delle centinaia di documenti autobiografici conservati dall'Archivio diaristico di Pieve Santo Stefano. Una lettura che dona a tutti noi un sorriso. E anche, perché no, una speranza per un futuro senza guerre.
Un soldato di allora, il diciottenne Antonio De Maria, un ragazzo del 99, è schierato lungo il Piave. E' di guardia e ha nel mirino un "nemico", un austriaco. Il dito è sul grilletto, sta per sparare. Poi, scrive, "mi sorpresi a rimettere la sicura e a togliere il fucile dalla feritoia".
Antonio non spara, non toglie la vita al suo coetaneo biondo che indossa un'altra divisa. E non riesce a spiegarsi il perché del suo gesto. "Perché non ho sparato? Era giusto, è giusto che spari. È la guerra, sono i nemici, devo ucciderli. Perché non l’ho fatto? Che cosa è successo? Pietà per lui, per il suo riso gioioso, per la sua giovinezza, per il suo amore per la vita? Perché ho abbassato il fucile?"
Qui il racconto completo di Antonio De Maria