Non facile

In vista del referendum del 4 dicembre sulla riforma costituzionale una questione cruciale non riguarda quella riforma bensì la legge elettorale. Una questione all'apparenza complessa e molto tecnica ma decisiva per l'assetto istituzionale prossimo venturo.

La legge chiamata "Italicum", in massima sintesi, consente al partito che raccoglie inizialmente anche solo il 20-25 per cento dei voti di arrivare, dopo il ballottaggio e grazie al premio di maggioranza, ad avere la maggioranza della Camera dei deputati. E quindi di consentirgli, se dovesse essere confermata la riforma della Costituzione, di esprimere da solo il presidente del consiglio, dare la fiducia al suo governo, approvare leggi, nominare tre giudici costituzionali eccetera eccetera. E' il nodo del dibattito intorno alla riforma costituzionale, emerso con chiarezza anche durante il confronto televisivo tra Matteo Renzi e Gustavo Zagrebelsky. In altre parole: una legge elettorale che dà così tanto potere a un solo partito, anche se non ha un base di consensi maggioritaria, rafforza il più evidente e sottolineato difetto del nuovo impianto costituzionale. Uno squilibrio di poteri che metterebbe il paese nelle mani di un solo partito senza i necessari contrappesi.

E' per questo che la modifica della legge elettorale è importante e, per certi aspetti, decisiva. Servirebbe una legge capace di favorire l'aggregazione tra le forze politiche, che eviti di consegnare il paese a un partito appoggiato da un quinto degli elettori e che dia il giusto spazio alle opposizioni. I modelli sono tanti. Personalmente vedrei il ritorno ai collegi uninominali del Mattarellum, con o senza ballottaggi e con le dovute correzioni, come un bel ritorno al rapporto diretto dei cittadini con i legislatori. Ma anche altri sistemi raggiungono ugualmente lo scopo. Basta individuarne uno e mettersi d'accordo prima del referendum. Cosa non facile ma nemmeno impossibile.

 

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