Oggi c'è un'intervista che dovrebbero leggere, e con molta attenzione, tutti coloro che negli anni hanno votato Silvio Berlusconi vedendo in lui una sorta di salvatore della patria.
E' l'intervista fatta dal vice direttore di Repubblica Dario Cresto-Dina a Sandro Bondi, "già ministro della Cultura precipitato dalla poltrona con un pezzo di Pompei nel 2011 e ex cortigiano naturale e convinto di Berlusconi".
Va letta tutta, parola per parola, ma qui ne riporto alcuni passaggi chiave.
Berlusconi, dice Bondi, "ci lasciava giocare con la politica e con le idee, fino a che non toccavamo la sostanza dei suoi interessi e del suo potere. Ricordo che, quando ero ministro, osai parlare di un canale televisivo pubblico dedicato alla cultura senza pubblicità. Subito, il pur mite Fedele Confalonieri mi redarguì bruscamente".
Le aziende venivano prima di tutto?, chiede Cresto-Dina.
"Sempre", risponde Bondi. "Al culmine della crisi del suo ultimo governo, Berlusconi, nonostante ciò che disse in seguito, diede il via libera a Monti durante una riunione a Palazzo Grazioli nel corso della quale ci fece preliminarmente ascoltare in viva voce ciò che ne pensavano Ennio Doris di Mediolanum e l'amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel. In questo modo eravamo messi sull'avviso della sua decisione. Entrambi sostennero che la situazione economica e finanziaria del paese era disperata e non vi era altra possibilità che quella di dare vita a un governo tecnico sostenuto anche da Forza Italia".
Le parole di Bondi confermano quello che scrivevano giornalisti e giornali seri e che un pezzo d'Italia sapeva vedere nelle cronache di tutti i giorni. Una sorta, quindi, di scoperta dell'acqua calda.
Ma milioni di italiani non vedevano, non sentivano, non capivano. O, meglio, non volevano vedere, non volevano sentire, non volevano capire.
Se solo avessero ascoltato chi raccontava l'interesse privato che Berlusconi, ogni giorno, portava dentro Forza Italia e nel governo, il paese ne avrebbe certo guadagnato.
Così come ne avrebbe guadagnato se personaggi come Bondi non fossero rimasti sino all'ultimo accanto al "principe", ma, sapendo quello che sapevano, avessero fatto prima il loro "outing", togliendo ogni alibi a chi continuava a far finta di non capire.