Così è per l’arresto in Bolivia di Cesare Battisti.
Ma nel leggere le cronache e i commenti all’avvenimento c’è qualcosa che stona e molto. Non tanto le legittime esclamazioni di giubilo di membri del governo. Quanto affermazioni precise. Una del ministro dell’Interno e capo della Lega Matteo Salvini : “Dovrà marcire in galera fino all’ultimo dei suoi giorni”. L’altra del ministro della Giustizia e deputato Cinque Stelle Alfonso Bonafede: “Riteniamo che verrà a scontare l’ergastolo”.
Sono affermazioni che un membro dell’esecutivo non deve mai fare. Quanto e come debba stare in prigione un cittadino lo stabiliscono soltanto la legge e la magistratura con il suo libero convincimento. Quando questa linea di confine si supera, quando chi governa dice quanto e come un detenuto debba stare in prigione si mette a rischio uno dei pilastri di un sistema democratico, cioè la precisa e netta separazione tra i poteri dello Stato. Chi governa, chi fa le leggi, chi giudica.
Saranno i giudici a stabilire quanto e come dovrà stare in prigione il detenuto Cesare Battisti. Loro e nessun altro.
E sostenere questo non vuol dire essere filo-Battisti o poco rispettosi delle sue vittime. Vuole solo dire avere a cuore oltre ogni cosa la buona salute della nostra democrazia.
A me capitò, qualche anno fa, nel 1982, di raccogliere, da cronista dell’Espresso qual ero, la testimonianza di alcuni poliziotti che denunciavano l’uso della tortura in commissariato per far parlare i brigatisti arrestati dopo il sequestro Dozier. Al magistrato che mi chiese i loro nomi opposi il silenzio che mi imponeva la legge dell’Ordine dei giornalisti e fui arrestato. Denunciare quelle torture fu un’azione di fiancheggiamento delle Brigate Rosse? Passai una notte insonne prima di scrivere quella storia e alla fine mi convinsi che non era fiancheggiamento ma difesa dello Stato e della democrazia dove mai si deve abusare dei propri poteri e dove anche il peggior delinquente deve essere trattato con dignità.
A quei tempi lo Stato combatté duramente il terrorismo. Ma a mia memoria nessun membro di governo si permise mai di dire che un brigatista doveva marcire in galera. Eppure il terrorismo venne sconfitto e la democrazia resse. Oggi, su Repubblica Gianluca Di Feo ricorda una frase di Sandro Pertini, l’uomo che combatté contro i nazifascisti e che fu tra coloro che decisero la condanna a morte di Benito Mussolini. Disse Pertini: “L’Italia ha sconfitto il terrorismo nelle aule di giustizia”.
Lo spirito di tutto questo è nella dichiarazione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Bene l’arresto, ora [Cesare Battisti] venga prontamente consegnato alla giustizia italiana, affinché sconti la pena per i gravi crimini di cui si è macchiato in Italia e che lo stesso avvenga per tutti i latitanti fuggiti all’estero”.
Questo deve dire un uomo di Stato. Niente di meno e niente di più.