Il secondo passo è stato compiuto, un gruppetto di deputati ha lasciato Silvio Berlusconi al proprio destino costringendolo a imboccare la strada dell’addio.
Il terzo passo dovrebbe essere velocissimo: l’approvazione a tempo di record della legge di stabilità perché il presidente del Consiglio faccia quanto promesso. Salire al Quirinale a rassegnare le dimissioni e consentire così al capo dello Stato di dare il via alle consultazioni.
Il quarto passo, decisivo, dovrà farlo il presidente della Repubblica e, come sappiamo, non potrà essere solo suo ma sarà il frutto di cruciali consultazioni già annunciate.
Governo che ci porti al 2013 senza più l’ansia dello spread e con una nuova legge elettorale? Si, ma solo se si poggia su una base davvero ampia capace di dialogare in modo costruttivo con le forze sociali. Altrimenti c’è solo la strada delle elezioni, nel più breve tempo possibile.
Quindi il leader di una forza politica che vuol guidare il paese dovrebbe già avere nella borsa due fogli.
Uno con minimo denominatore comune necessario a concorrere a un governo di “larghe intese”. Il secondo con i cinque-dieci punti chiave con cui andare a un possibile voto a febbraio. Scritti in modo chiaro, comprensibili da tutti. E sono sicuro che Pierluigi Bersani li abbia già scritti. O no?