C'è una cosa, soprattutto, che sconcerta nel comportamento della sindaca di Roma Virginia Raggi. Quel ripetere le stesse frasi, le stesse parole. Non argomentare, non spiegare, non dialogare.
Sulla questione Olimpiadi è come ripetesse un infantile "Ho detto no ed è no". Non è andata a vedere i dossier, non ha avuto la forza politica di confrontarsi con il presidente del Coni. Anzi, ha fatto peggio, si è sottratta parlando di contrattempi. E, comunque, prima di ripetere il suo "Ho detto no ed è no", aveva riservato alla questione, se anche fosse stata puntuale, un'ora.
Un'ora per capire? Un'ora per ascoltare? Un'ora per entrare nel merito? Non scherziamo.
"Diciamo no ai debiti, alle lobby e alle colate di cemento", ha ripetuto a memoria davanti ai giornalisti. Ma da chi governa ci si aspetterebbero altri discorsi. Discorsi tipo: questo si fa, ma come dico io; questo non si fa; quest'altro si fa ma vigileremo con tutte le nostre forze per sconfiggere lobby e bloccare colate; non voglio le Olimpiadi perché non credo alla loro funzione di volano per una città ma ecco qua, miei cittadini, come trovo gli stessi soldi e cosa ci faccio.
Se tutto questo non accade siamo di fronte a una fuga dalle proprie responsabilità. Una fuga, si direbbe in gergo militare, "di fronte al nemico". Il disonore di un soldato, il peggior difetto di chi vuole governare una città, un paese.
E intanto, mentre la sindaca fugge ripetendo il suo "Ho detto no ed è no" in città c'è sempre l'immondizia, le buche non possono che essere aumentate, di bus e tram ne circolano di meno, intere zone hanno i lampioni spenti, gli spazi verdi sono abbandonati, l'assessore al Bilancio non si trova e gli uffici, per quello che si legge, non hanno ancora capito chi comanda.