Invece la nascita del binomio Schwazer-Donati. è una notizia possente. Di quelle che vanno ben lette e ricordate.
Sandro Donati lo conosco bene, da molti anni. E' stato a lui a farmi capire come un atleta dopato non costituisca un problema solo per se stesso o per i dirigenti della sua disciplina. Un atleta che modifica artificialmente il proprio fisico è un qualcosa capace di corrompere generazioni, di distruggere i principi della sana competizione sportiva, di diventare una specie di cancro che si muove silenzioso nelle comunità. Non a caso Libera, l'associazione contro le mafie, ha una sezione che si chiama Libera sport, di cui Sandro Donati è grande animatore.
Accettando la richiesta di Schwazer , Donati vuole cercare di dimostrare che quella del doping è una strada che si può abbandonare per tornare a essere se stessi, per cercare di vincere solo con la fatica, l'allenamento e la volontà. E' come dire a migliaia di ragazzi: si può smettere e si può anche vincere senza droghe.
Chiedendo a Donati di "prenderlo in carico", Schwazer cerca di dimostrare, prima di tutto a se stesso, che quella del doping è stata una terribile parentesi della sua vita e che lui vuol vincere contando solo sulle proprie energie.
Se ci dovesse riuscire, se dovesse vincere o anche fare una prestazione di alto livello, costruirà un'arma di grande potenza per combattere la droga nello sport.
E' per questo che dovremmo tutti gridare, come fossimo su un bella e gremita gradinata, "Forza Schwazer, Forza Donati".