E' naturale che nelle elezioni comunali si assista a una "bipolarizzazione" dello schieramento politico. E' la diretta conseguenza del sistema con il quale vengono eletti i sindaci, un sistema che spinge con forza verso l'aggregazione delle forze politiche per consentire al candidato di vincere al primo turno o di andare al ballottaggio. E' quello che accadrebbe anche a livello politico nazionale se per eleggere il parlamento avessimo, per esempio, un sistema a collegi uninominali più o meno puro.
Rischioso quindi trarre indicazioni frettolose dal voto dell'11 giugno. Anche perché ogni città, come sappiamo, fa storia a sé e in questa tornata elettorale questa banale affermazione è ancora più vera se si pensa alle città più grandi andate alle urne: Palermo, Genova, Parma, Verona.
Tra le domande cruciali poste dal voto due riguardano i Cinque Stelle. Hanno terminato la loro ascesa? E' iniziata la fase calante del movimento? Sinceramente non vedo elementi sufficienti per rispondere con ragionevolezza. E sarebbe miope da parte del centro sinistra e del centro destra dare il movimento per sconfitto.
Caso mai ci sarebbero da fare ulteriori riflessioni sulla legge elettorale con cui gli italiani dovranno scegliere il prossimo parlamento. Una legge proporzionale favorirebbe la "tripolarizzazione" di cui si è finora discusso. Una legge maggioritaria favorirebbe fenomeni come quelli dell'11 giugno, la "bipolarizzazione" dello schieramento politico. Le leggi elettorali non possono certo far cambiare idea agli elettori. Ma hanno la straordinaria forza di incanalare la volontà popolare, di farla diventare, o meno, forza di governo.
Anche dopo l'11 giugno, quindi, la partita è sempre la stessa. Stabilire le regole per le prossime politiche. Il voto amministrativo, caso mai, ha mischiato le carte e ha fornito ai giocatori, e agli elettori, la visione plastica degli effetti di un sistema capace di spingere le forze politiche ad aggregarsi.