Questa mattina ho incontrato una mia vicina di casa che ha più di ottant’anni. Stava comprando due giornali e mi ha detto che si aspettava qualcosa di diverso.
“Il 25 luglio del 1943 ero poco più che bambina, ma ricordo bene l’urlo di gioia di mio padre e il suo abbraccio con mia madre. Ero sicura che avrei avuto anche io il mio 25 luglio, che avrei urlato di gioia il giorno che Berlusconi se ne fosse andato e invece ho un po’ di magone, non ho nemmeno messo fuori la bandiera che avevo preparato nei giorni scorsi. E non è solo per la crisi economica o perché non c’è una guerra che si pensa stia finendo. E’ per qualcosa d’altro che non riesco ancora a capire bene”.
“Forse”, le ho detto, “è perché non vede chiaro nel nostro futuro, ci sono ombre, poca chiarezza, veti reicproci. Oppure perché è un addio che non viene dopo una vera e propria sconfitta”.
“Può darsi”, mi ha risposto, “ma mi sa che il problema è un altro. Io più di Berlusconi ho odiato il berlusconismo e quello non so se è finito davvero”.
Non lo so nemmeno io, signora