L’assoluzione degli imputati al processo d’appello per la morte di Stefano Cucchi manda un messaggio inequivocabile a tutti noi: “Attenti, non seguite con serenità un carabiniere e un poliziotto, non andate in caserma per un accertamento sicuri che sarete trattati con rispetto e secondo la legge. Se potete sottraetevi, accampate scuse, opponete resistenza. Perché se subirete violenze o ingiustizie nessuno vi proteggerà, nessuno punirà i colpevoli”.
Ecco, un messaggio così è il messaggio peggiore che una sentenza pronunciata in nome del popolo italiano possa trasmettere.
Perché è un messaggio di inciviltà, di barbarie, di ingiustizia profonda.
Non serve dimostrare chi e cosa ha ucciso Stefano per mandare in galera chi ha abusato del proprio potere e della propria divisa. Dovrebbe bastare un solo pugno, un solo calcio sferrato a una persona custodita in nome della legge per decretare l’immediata punizione del responsabile. E pugni e calci Stefano li ha subiti, ci sono le foto del suo corpo a dimostrarlo oltre ogni ragionevole dubbio.
Adesso la parola spetta alla Corte di Cassazione. Speriamo davvero che rimetta le cose a posto. Perché io, come spero tutti noi, voglio che i cittadini del nostro paese possano entrare in una caserma o in un tribunale sicuri di essere trattati con rispetto e secondo la legge. Sempre.