Roma 17 marzo 2020
Mercato ortofrutticolo di via Catania. È aperto un solo varco, quello su via Pavia dove normalmente ci sono i banchetti di biancheria e utensili da cucina. A regolare l’ingresso due uomini dell’Associazione carabinieri in congedo che, a non farci troppo caso, sembrano proprio carabinieri. La coda è abbastanza lunga e ordinata, quindici persone almeno, molti, come me, con la mascherina, uno con un foulard, quattro senza niente. Tutti a distanza di sicurezza. Qualcuno alza la voce, è troppo che sta lì ad aspettare, i carabinieri non carabinieri allargano le braccia, dicono che ci vuole pazienza. Accanto a loro c’è un venditore di pesce. Lavora alla prima pescheria della fila di banchi che, normalmente. il martedì e il venerdì hanno grappoli di persone davanti a loro, così fitti che per vedere il pesce di giornata bisogna farsi largo. Ora, anche visto da fuori, dalla strada, il pesce fa bella mostra di sé e, così da lontano, sembra più lucente che mai.
Decido di non mettermi in coda per entrare, comprerò frutta e verdura in un piccolo negozio meno frequentato. Voglio tornare a casa: per la prima volta, sei giorni dopo la firma del decreto che ha chiuso tutto, mi sono spinto a piedi così lontano, a ottocento metri.
Scatto due foto con il cellulare e mi rifugio, dall’altra parte di via Catania, nella piccola bottega del mio rivenditore di mozzarelle di bufala preferito. Sono solo, non c’è coda. E quando chiedo 250 grammi di bufala mi sento, per un attimo, un po’ più sereno.
Dopo aver pagato mi volto e vedo che davanti all’ingresso si è già formata una coda di tre persone. Chiedo permesso. Si spostano con uno scatto chiedendo scusa, esco, torno a camminare a passi svelti. Nel negozio di frutta e verdura non c’è nessuno. Arance, carciofi, broccoletti… E a casa.
La busta della spesa mi hanno detto che è meglio lasciarla per un po’ per terra, da sola. Non so se è vero ma farlo non mi costa niente.