Domani, 27 gennaio, è il Giorno della Memoria. E' il settantunesimo anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz ed è il giorno scelto dall'Onu per ricordare le vittime dell'Olocausto. Con il tempo i significato di questa giornata si è allargato facendola diventare sempre di più l'occasione per ricordare, oltre alle vittime dell'Olocausto, le vittime di tutte le guerre e di tutte le violenze.
Non lasciamola passare come tante altre ricorrenze. Facciamola nostra, cioè di ciascuno di noi, dedicando almeno 5 dei 3600 minuti del nostro 27 gennaio al ricordo di quello che è stato e quello che è. Ai genocidi e alle stragi di settant'anni fa e ai genocidi e alle stragi di oggi. Un omaggio a chi ne è stato vittima, un impegno a diffondere i principi di pace e fratellanza.
Possiamo leggere una pagina di Primo Levi o un di un qualunque altro libro che parli delle terribili sofferenze di quegli anni (qui un ricco elenco).
Possiamo vedere un film (qui quelli in programma).
Possiamo andare davanti a una lapide o a un monumento, guardarci intorno e parlare con qualcuno di quello che quella lapide o quel monumento ricorda.
Possiamo usare il nostro social network preferito per far circolare un'immagine o un pensiero che ricordino ai nostri amici perché è importante sapere e ricordare.
Possiamo andare a uno qualunque dei tanti appuntamenti (qui un elenco).
Io, domani, sarò a Latina dove si parlerà di Shoah, si ascolterà musica e i ragazzi di due licei leggeranno le testimonianze dei sopravvissuti alle stragi nazifasciste raccolte nel mio libro Io ho visto. Se qualcuno di loro mi chiederà a cosa serve, dopo tanti anni, parlare di queste cose, risponderò come fece, due anni fa, l'attrice Pamela Villoresi. Uno studente, dopo che lei aveva interpretato le stesse storie, le chiese proprio così, 'a cosa serve?' Lei rispose di getto: "Vedete, se anche uno solo di noi, dei mille che siamo in questo teatro, uscirà da qui deciso a far di tutto nella propria vita perché non ci sian0 più fatti terribili come questi, vorrà dire che parlare di queste cose è servito, eccome".