L’articolo 16 del disegno di legge di riforma della Costituzione presentato dal governo e in discussione al Senato dice testualmente: “(Inchieste parlamentari) 1. All’articolo 82, primo comma, della Costituzione, le parole: «Ciascuna Camera» sono sostituite dalle seguenti: «La Camera dei deputati»”. Se questo testo venisse approvato l’articolo 82 della Costituzione diventerebbe così: ” La Camera dei deputati può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. A tale scopo nomina fra i propri componenti una commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La commissione di inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’Autorità giudiziaria”. La modifica poi approvata in commissione che affida al Senato “inchieste su materie di pubblico interesse concernenti le autonomie territoriali”, sposta di poco la questione. Perché questo delle commissioni d’inchiesta è uno degli esempi che autorizzano a definire la riforma proposta dal governo una riforma non equilibrata e, in qualche modo, “autoritaria”.
La nuova Camera si formerà grazie a un premio di maggioranza che, correttamente, forzerà la volontà popolare e garantirà stabilità. La stessa Camera darà, da sola e correttamente, la fiducia al governo. La stessa Camera approverà le leggi. La stessa Camera, con l’aggiunta dei senatori “non eletti” e percentualmente non particolarmente influenti (un centinaio su oltre 600 deputati), eleggerà il presidente della Repubblica. La stessa maggioranza che governa la Camera e ha eletto il presidente della Repubblica nominerà otto giudici costituzionali su quindici e, quindi, avrà il controllo della Suprema Corte. La stessa maggioranza infine, e stando al nostro esempio, controllerà le commissioni di inchiesta “con gli stessi poteri e limitazioni dell’autorità giudiziaria”.
Per dirla in altro modo: se la stessa maggioranza vince due elezioni consecutive e si aggiudica il “premio” avrà in mano tutte le leve fondamentali del paese: governo, presidenza della Repubblica, Corte costituzionale… e commissioni di inchiesta.
Questo è il pericolo autoritario di cui si parla. Questa è la ragione per cui sarebbe bene che la riforma costituzionale proposta dal governo non vedesse la luce così com’è.
Per garantire i due principi base (governabilità e riduzione del numero dei parlamentari) sarebbero sufficienti l’abolizione del bicameralismo e la riduzione del numero di deputati e senatori (400 e 100, per esempio).
La funzione di garanzia del presidente della Repubblica potrebbe essere essere rafforzata allargando la base elettorale ai rappresentanti delle autonomie ancor più di quanto sia adesso.
Un senato composto da cento senatori eletti ma non rieleggibili potrebbe avere un peso maggiore nella nomina dei giudici costituzionali e svolgere quelle forti funzioni di controllo (come le commissioni di inchiesta, ma non solo) indispensabili per un corretto funzionamento di una democrazia che dà forti poteri all’esecutivo.