Chi sono

I giornali

Prima di entrare all’Espresso, nel dicembre 1975, avevo lavorato per il MessaggeroPanoramaSecolo XIX e per diversi giornali specializzati in equitazione (passione che era di mio padre e che, fino a un certo punto, è stata anche mia).

Il settimanale di via Po è stato, ed è, il “mio” giornale. Quello in cui sono cresciuto, in cui sono nate amicizie che durano tuttora, in cui ho vissuto esperienze ed emozioni di grande intensità, in cui ho potuto lavorare al fianco di uomini di prim’ordine.

A metà degli anni Ottanta Giovanni Valentini mi da la responsabilità del servizio Interni e dopo tre anni e mezzo Maurizio De Luca mi propone di seguirlo in Veneto, come vice direttore dei tre quotidiani veneti del gruppo, Mattino di PadovaTribuna di Treviso e Nuova Venezia. Dico subito si perché quello per i giornali locali era un interesse che coltivavo da tempo dentro di me. L’innamoramento definitivo era nato dopo la lettura del “libretto rosso” di Mario Lenzi. E da quel 1° luglio 1989 nel mondo dei giornali locali sono rimasto.

Dopo quattro anni e mezzo in Veneto vado in Abruzzo come condirettore e poi direttore del Centro.

Il ritorno a Roma è nel 1996, all’Agl, l’agenzia centrale dei giornali locali, che prepara le pagine di cronaca nazionale e internazionale dei quotidiani locali del gruppo. Ne sono condirettore fino al 2007 quando inizia l’affascinante avventura, che ancora continua, nel mondo della “rete”.

Arrivo a Kataweb per lavorare ai siti dei giornali locali. Alcuni sono già online, ma la maggior parte vanno costruiti da zero e per farlo nasce una redazione che viene chiamata “local”. Nel giro di un anno vanno online tutti i siti dei giornali locali Finegil (diciotto) e quelli delle redazioni locali di Repubblica. La redazione “local” si ingrandisce, vi arrivano giovani giornalisti pieni di voglia di fare, ci si inventa un lavoro che non è mai stato fatto prima.

Dopo un paio d’anni “local” si divide in due. Una parte dei giornalisti va a Repubblica per continuare a seguire le edizioni locali del quotidiano. Gli altri, con me, danno vita alla redazione web della Finegil.

La sfida è impegnativa. Si chiama “integrazione”. In altre parole si è trattato di tentare di creare in ciascun quotidiano un unico flusso di lavoro, che coinvolga il giornale tradizionale di carta e quello online allo stesso modo. Ciascuno con le peculiarità e il suo pubblico, che in parte coincide e in parte no.

Dal 2013 insegno a Urbino, all’Ifg, l’Istituto per la formazione al giornalismo.

I libri

Il mio ultimo romanzo, il secondo, La Casa dell’uva fragola, è stato pubblicato da Piemme nel 2023 ed è stato nella cinquina finalista del premio Alassio. Qui la storia del romanzo e qui la scheda dell’editore.

Nel 2017 è uscito Non volevo morire così, Santo Stefano e Ventotene, storie di ergastolo e di confino edito da Nutrimenti e  con la prefazione di Emma Bonino. E’ scritto nella quarta di copertina: “Una Spoon River di Santo Stefano e Ventotene le due piccole isole del Tirreno culle dell’idea d’Europa e della Costituzione italiana. A fare da guida, lungo vecchie mura e vicoli a picco sul mare, gli uomini segregati sulle due isole. A Santo Stefano gli ergastolani morti nel carcere e in parte sepolti sull’isola: storie sconosciute di chi ha scontato anni e anni di reclusione e vissuto rivolte, fughe, violenze, ingiustizie. A Ventotene i confinati che hanno lottato contro il fascismo, per la libertà, per la nascita di un’Italia libera e democratica, ma che non hanno potuto vedere il frutto del loro sacrificio”.  Questo libro mi ha fatto conoscere l’Associazione per Santo Stefano in Ventotene a cui ho subito aderito. Nel 2023 abbiamo ideato una collana di libri, divulgativi ma rigorosi, al quale abbiamo dato il nome 99cellequante erano quelle del progetto originario dell’ergastolo di Santo Stefano. Per la collana ho scritto il primo volume insieme ad Anthony Santilli (Novantanove celle) e il terzo, Uccidi il tiranno, insieme a Bruno Manfellotto e Santilli.

 

Nel 2013 è uscito invece Io ho visto, sempre edito da Nutrimenti nel 2013. Un libro costruito insieme a mia moglie Paola, un viaggio tra i sopravvissuti delle stragi nazifasciste del 1943-44-45. Uomini e donne, allora bambini o ragazzi, che hanno visto uccidere madri e padri, fratelli… Un libro con foto, con un sito, una canzone. E con uno spettacolo teatrale nato grazie alla passione di Pamela Villoresi e alle sue emozionanti interpretazioni. 

Il primo libro lo devo tutto a Franco Giustolisi, che ho conosciuto all’Espresso e di cui penso di essere diventato un po’ più di un  amico. Nel 1983 mi portò con lui in giro per le carceri di mezza Italia. Al tema ero particolarmente sensibile. L’anno prima ero stato in carcere un paio di giorni per non aver voluto rivelare la fonte di una notizia e un’esperienza del genere, anche se breve, ti resta dentro per la vita. Così seguii Franco per raccontare con lui cos’erano allora le nostre carceri. Ne nacque una lunga inchiesta per il giornale e un libro,  Al di là di quelle mura, edito da Rizzoli.

Durante quel nostro viaggio, a Nuoro, conoscemmo Alberto Franceschini, uno dei fondatori delle Brigate rosse. Gli proponemmo di raccontare la sua storia, ci disse di sì e ne parlammo con la Rizzoli. La risposta fu che ormai il terrorismo non interessava più. Mondadori non fece invece passare nemmeno un minuto per darci il via e, discutendone con Vittoria Calvani, editor straordinaria, scrivemmo Mara, Renato e io, storia dei fondatori delle Brigate rosse . Il libro è stato tradotto in tedesco e ristampato molte volte. 

Poi il romanzo. La guerra di Russia, con la drammatica ritirata che coinvolse anche i soldati italiani, fa parte del mio vissuto personale, mio padre era tra quelli. Ma a far nascere la storia di Ufficialmente dispersi, pubblicato da Marsilio nel 1995, rieditato da Transeuropa nel 2010 e da Piemme nel 2022, fu la scoperta dei dossier sui nostri soldati, dossier rimasti per decenni negli archivi del Kgb e che raccontavano di uomini vivi che invece erano stati dati per morti da anni. Dopo l’uscita del romanzo  sono andato in Russia a vedere da vicino quei luoghi e ho ricostruito in un sito la storia del battaglione con il quale aveva combattuto mio padre. E grazie al sito ho rintracciato diversi militari che avevano fatto la ritirata con lui. Nel 2017 l’Ufficio Storico dell’Arma mi ha chiesto di scrivere un articolo su quel battaglione, il XXVI, per il Notiziario storico.

Del tutto particolare il lavoro che mi ha impegnato per il centenario della Prima Guerra Mondiale. Prima ho ideato e curato, con Nicola Maranesi, un sito, La Grande Guerra, i diari raccontano, nato dalla collaborazione tra l’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano, il settimanale L’Espresso i i quotidiani locali del gruppo. Da questo lavoro sono poi nati quattro libri dell’Espresso: La Prima guerra mondiale in Italia, Cronache dal fronte  (L’Espresso con l’Archivio Diaristico nazionale, 2015), di cui ho curato il progetto editoriale.

Nel 2019 ho seguito come consulente editoriale, e sempre in collaborazione tra l’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano, il progetto Italiani all’estero, i diari raccontano.

Le fotografie

Scattare foto è una passione che mi porto dietro da quando avevo dodici-tredici anni. Una Ferrania di plastica, una Contax, la Praktica, poi la Pentax e la camera oscura. Tanto bianco e nero che ha raccontato i miei viaggi, la nascita dei figli, le vacanze.

Passati i 50 anni sono tornato a dedicare tempo ed energie alla cattura della luce e delle immagini. Ho fatto qualche mostra, altre ne vorrei fare. Ho anche venduto alcuni scatti e la cosa mi ha emozionato non poco.

Uso un buon corredo Nikon. E pubblico una parte degli di scatti sul sito Le fotografie nato nel 2007.

Nel giugno 2012 ho esposto a Magliano in Toscana le foto del progetto Maremma per terra: immagini di quella terra magnifica catturate  con la macchina parallela al terreno. Qui gli scatti e le notizie sulla mostra.

Nel 2013 è uscito il libro Io ho visto per il quale ho scattato i ritratti dei protagonisti  Trenta ritratti che si integrano con il testo e che hanno dato vita a una mostra itinerante.

Commenti 3

  1. Piero Di Antonio dice:

    “Ufficialmente dispersi” mi ha commosso perché mi ha fatto ripensare a mio padre che per 6 anni, lui marinaio, è stato prigioniero.
    Saluti e complimenti per il sito
    Piero

  2. Francesco Fortuna dice:

    Complimenti per il blog, figurati che me ne ha parlato nonno, contento per queste righe sulle vostre esperienze “carcerarie” e “brigatiste”.
    Un abbraccio.
    Francesco

  3. Grazie Pier Vittorio, del tuo consiglio che ho fatto mio al Conero ed appena sbarcato a Ventotene ho iniziato a leggere il tuo “Non volevo morire così” che mi ha emozionato molto
    https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=1312409268913322&id=100004327833359

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