Uccisi 12 operatori #MSF e almeno 7 pazienti, tra cui 3 bambini. L'attacco al nostro ospedale a #Kunduz è ripugnante pic.twitter.com/PehgSlUnFv
— MediciSenzaFrontiere (@MSF_ITALIA) 3 Ottobre 2015
E' successo lontano da noi, nel nord dell'Afghanistan. Gli americani, durante un bombardamento, hanno praticamente distrutto, a Kunduz, un ospedale di Medici senza frontiere uccidendo decine di persone. Il portavoce statunitense in Afghanistan, colonnello Brian Tribus, ha ammesso che: "Le forze americane hanno condotto un attacco aereo nella città di Kunduz alle 2.15 (ora locale) contro individui che minacciano le forze. L'attacco potrebbe avere provocato danni collaterali a una struttura medica vicina". Il governo afgano sostiene che in quell'ospedale si nascondevano dei terroristi. Medici senza frontiere dice che si, certo, nell'ospedale di Kunduz, che è zona controllata dai talebani, c'erano talebani nell'ospedale, ma feriti e senza armi. E che tutti, statunitensi compresi, sapevano e sanno, con tanto di precise coordinate geografiche, che lì c'era un ospedale. Parliamone allora, non lasciamo che notizie così vengano archiviate come "cose che accadono dove si combatte". Diciamo, con la voce più alta che possiamo, che non può e non deve accadere che un ospedale venga bombardato, malati, medici e infermieri uccisi. Pretendiamo che la supertecnologia militare non serva solo a uccidere meglio, ma anche e soprattutto a non uccidere. Chiediamo che il termine "danno collaterale" venga abolito dalla terminologia militare. Probabilmente, anzi, quasi sicuramente, saranno parole al vento. Ma è anche capitato che le parole, sospinte proprio dal vento che hanno generato, abbiamo dato, da qualche parte, frutti sani.
Bombardare un ospedale dove si curano i feriti atto di violenza inaccettabile #Kunduz #Afghanistan http://t.co/SOa8grUwiV @MSF @MSF_ITALIA
— EMERGENCY ONG/Onlus (@emergency_ong) 3 Ottobre 2015