#Tunis RT @RymKh: Devant le Théâtre, Avenue Bourguiba maintenant #BardoAttack pic.twitter.com/jfjAwmOdrV
— Robin Cornet (@robincornet) 18 Marzo 2015
Le immagini della manifestazione di Tunisi contro il terrorismo dovrebbero farci riflettere. Così come dovrebbe farlo il video che ha mostrato al mondo i deputati tunisini che, chiusi in parlamento durante l'attacco, cantano l'inno nazionale.
Tunisian MP's sing national anthem while in lockdown during #Tunis siege. Via @FBNewswire: https://t.co/NDreeNTqyl pic.twitter.com/bx8Sz5HBws
— Peadar Grogan (@padrg) 18 Marzo 2015
La riflessione è semplice, al limite della banalità. Ma diretta e forte. Il mondo non si sta dividendo tra arabi e non arabi. Ma si sta dividendo tra chi vuole imporre la legge del terrore e chi vuole vivere in pace.
E chi vuole vivere in pace deve difendere questo suo diritto. Non stando a guardare o chiudendosi in casa. Ma combattendo contro chi lo vuole sopprimere.
No, nessuna crociata, per carità. Ma vedere organismi elefantiaci come le Nazioni Unite restare immobili a condannare solo a parole fa venir voglia di chiederne l'abolizione. E viene anche voglia di andare a Bruxelles e dire: "Ma l'avete capito che l'Europa è sotto attacco perché sanno che non è capace di reagire con decisione? L'avete capito che le nostre frontiere meridionali non sono più in mezzo al mare ma sono in Africa? L'avete capito che i nostri alleati sono quei tunisini che sono andati in piazza e tutti coloro che vogliono vivere in pace?".
Post scriptum. Quando ho visto le foto della strage di Sana'a, nello Yemen, ho pensato ai ragazzini e alle ragazzine che avevo conosciuto in quel paese una decina di anni fa. E ai giovani uomini che avevano negli occhi il desiderio di vivere liberi e in pace, che stavano cercando di affacciarsi al mondo, di portare i prodotti della loro patria nelle capitali, di tenere lontano dalle loro vite il terrore. A tutti loro dedico una foto di allora.